Squadernare: Nina sull'argine
2. Libri dietro ai libri
Squadernare è la voglia di curiosare nei libri. Cosa si muove dietro, dentro e intorno ai libri?
Lo abbiamo chiesto a Veronica Galletta in libreria con Nina sull'argine.
Libri per il libro, per questa seconda parte di Squadernare, e quindi i libri che ho letto per scrivere, o da cui sono partita. Che siano saggi o romanzi, sono entrati in Nina sull’argine in maniera diversa, di sguincio, di sghimbescio, di straforo, a volte senza che io me ne accorgessi o forse neanche volessi fino in fondo. È un’indagine più complessa, questa, e certamente anche meno definita. Nella mia classificazione questi libri si dividono in tre grandi gruppi: di lavoro, di fantasmi, di paesaggio. Anche se appartengono alle due distinte categorie - saggi, romanzi – qui di seguito ho scelto quindi di riportarli in ordine sparso, così come mi sono venuti addosso mentre li riepilogavo. In fondo quando si studia per un libro, si studiano tutti allo stesso modo, e così li ho usati, pescando dentro le mie letture un po’ come fosse un pentolone, rispettandone la casualità e il mistero.
Solo, Primo Levi in cima, perché questo suo appunto è per me una sorta di manifesto: preferisco il particolare al generale, le letture saltuarie e sminuzzate a quelle sistematiche.
Primo Levi, L’altrui mestiere, ed. Einaudi
Sto parlando qui di una mia vecchia debolezza, che è quella di occuparmi a ore perse di cose che non capisco, non per edificarmi una cultura organica, ma per puro divertimento: il diletto incontaminato dei dilettanti. Preferisco orecchiare che ascoltare, spiare dai buchi di serratura invece di spaziare sui panorami vasti e solenni; preferisco rigirare tra le dita una singolare tessera invece di contemplare il mosaico nella sua interezza. Per questo i miei famigliari ridono benevolmente di me quando mi vedono (cosa frequente) con in mano un dizionario o un vocabolario invece che un romanzo o un trattato: è vero, preferisco il particolare al generale, le letture saltuarie e sminuzzate a quelle sistematiche.
da Le parole fossili
Gianni Celati, Narratori delle pianure, ed. Feltrinelli
Poi perché era parso loro strano che il bambino fosse in giro senza impermeabile o cappotto, con addosso soltanto una maglietta a righe di tipo estivo e calzoni corti, sotto la pioggia nel mese di novembre. […] Le due amiche l'hanno accompagnato fino ad un luogo perso in aperta campagna, molto oltre il punto in cui avrebbero dovuto fermarsi. Giunto in vista di alcune case, il bambino ha detto che potevano fermarsi, lui abitava lì a due passi giù per un viottolo. Ha ringraziato le donne, aperto la porta della macchina ed è corso fuori sotto la pioggia, scomparendo subito giù per quel viottolo. […] Secondo il libraio quel bambino era apparso loro, stando alle loro parole, quasi fosse un pezzo di tempo che torna, in una spirale di ripetizioni, a cui nessuno fa caso perché riconosce solo le proprie immagini, perché crede ciecamente alla propria esistenza.
da I fantasmi di Borgoforte
Marco Belpoliti, Pianura, ed. Einaudi
Abbiamo lasciato la macchina su una strada bianca che correva a fianco della spalla grande e siamo saliti in alto, e poi ridiscesi giù. Era piovuto da poco, il terreno melmoso si attaccava alle scarpe. Si affondava un poco punto nella parte più asciutta, sotto quei pioppi mingherlini, che mio padre voleva comprare, c'erano delle vistose crepe, come dei cretti attraversati da fessure, alcune, nonostante la pioggia dei giorni precedenti, erano secche.
AA.VV, Esplorazioni sulla via Emilia, ed. Feltrinelli
Bisogna subito dire che mentre io scorro nel paesaggio per descriverlo come risulta dei diversi punti del suo spazio, naturalmente anche nel tempo che scorro, cioè descrivo il paesaggio come risulta nei diversi momenti del tempo che impiego spostandomi. Perciò una descrizione di paesaggio, essendo carica di temporalità, è sempre racconto: c'è un io in movimento che descrive un paesaggio in movimento, e ogni elemento del paesaggio è carico di una centralità cioè della possibilità ad essere descritto in un altro momento presente o futuro.
dall’Introduzione, Italo Calvino
Intorno l'aria brilla quasi sempre con toni cangianti, dovuti al pulviscolo, e residui di combustioni, agli strati di polverizzazione del manto d'asfalto dei battistrada, nonché ai vapori isolati dal suolo di marne calcaree argillose. Così la luce piombando dall'alto si ingolfa così sempre in uno strato dell'atmosfera molto più densa e pesante degli altri, e annulla o fortemente riduce contrasti con le ombre diurne, per una grande dispersione dei raggi luminosi che avvolgono tutto in una nube piena di riflessi.
da Condizioni di luce sulla via Emilia, Gianni Celati
Talvolta lo scrittore può assomigliare ad un viaggiatore munito di carta geografica, il quale ricava la propria posizione sottraendola da tutto il resto: se questo è il paese, questo è il fiume, questi i campi, queste le case, e se avrò descritto con esattezza ogni cosa, allora io non posso essere che qui: «io» non è altro che un punto mutevole, risultato di una relazione con tutti gli altri, sul quale di volta in volta metto il dito.
da La conoscenza della luce, Daniele Del Giudice
Pierre Bayard, Come parlare di luoghi senza esserci mai stati, ed. excelsior 1881, trad. Riccardo Bentsik
L’incertezza del confine fra viaggio e non-viaggio è intimamente connessa con la parte di finzione che accompagna qualsiasi descrizione di luoghi. La capacità immaginativa, propria dell’essere umano, fa sì che le descrizioni associate ai viaggia autentici debbano in ogni caso considerate con la giusta prudenza quando si sappia a qual punto si confondano, anche all’insaputa dell’autore, con i fantasmi personali, e come un viaggiatore possa considerare in perfetta buona fede delle scene o dei paesaggi immaginari ai quali ha finito per credere.
[…]
Nell'ambito della vita psicologica, quale ci viene restituita dalla psicanalisi, la presenza fisica riveste in effetti poca importanza per ciò che concerne la realtà psichica. Tanto gli assenti quanto i morti possono non solo giocare un ruolo decisivo nelle nostre vite, ma essere anche percepite come più presenti –e questo perché presenti lo sono davvero - dei vivi.
Antonio Tabucchi, Requiem, ed. Feltrinelli
Figlio, disse la vecchia, ascolta, così non può andare, non puoi vivere da due parti, dalla parte della realtà e dalla parte del sogno, così ti vengono le allucinazioni, sei come un sonnambulo che attraversa un paesaggio a braccia tese e tutto quello che tocchi entra a far parte del tuo sogno, anch'io, che sono vecchia e grassa e peso ottanta chili, mi sento dissolvere nell'aria a toccarti con la mano, come se anch'io facessi parte del tuo sogno.
Vittorio Lingiardi, Mindscapes, Raffaello Cortina Editore
Un paesaggio che potrebbe aiutarci a fare ciò che Bion, evocando la negative capability di Keats, insegna agli analisti: sospendere desiderio e memoria, tollerare incertezza, mistero e dubbio, accogliere il fluttuare dei pensieri. Imparando la lezione di Emily Dickinson: sognare e immaginare, anche quando api e trifoglio scarseggiano – The revery alone will do / If bees are few.
Franco Farinelli, Geografia. Un’introduzione ai modelli del mondo, ed. Einaudi
Sarebbe però ingenuo pensare che la tavola serva soltanto ad accogliere passivamente quel che resta del globo. Essa invece trasforma in maniera decisiva quest’ultimo, e insieme a messo la nostra maniera di entrarvi in relazione.
Paolo Barbaro, Giornale dei lavori, ed. Einaudi
Non c’erano ostacoli: avevamo il contratto, avevamo il progetto. Registrato in tre lingue, la nostra fa testo. Sicché, concludeva, tutto era pronto.
Finalmente, direttori imprese società, volanti avviamenti frizioni, e quei lunghi odori che lasciano le macchine troppo grosse coll’umido in montagna, tutti ripartirono; e allora, col pacco dei disegni, potei andarmene a scoprire tra le montagne bianche di neve il posto che mi importava.
Guido Ceronetti, Un viaggio in Italia, ed. Einaudi
Presso a Monticelli è Isola Serafini, dove il Po forma un lungo gomito e c'è da oltre ventanni una piccola centrale idroelettrica con rombo e diga. vicinissimo è quella di Caorso. Scendo lungo l'argine, un omino, vecchio, con un cappello nero, un ombrello aperto a lato, discende in acqua una larga rete, la tira su, la ributta, non pesca niente... -Pesce ne resta poco... è tutto avvelenato... oggi ha piovuto, l'acqua è meno sporca... pesco per me, si capisce... -C'era quell'unico cappello sul silenzio del fiume, che la diga deforma e sforza, quell'unico ombrello sperduto nel deserto dell'argine. le barbote da molto tempo non puntano più coi loro remi sui fondali. Non è un cambiamento, se non nel senso che è un cambiamento morire; il fiume, intelligenza profonda, ha interpretato così il repentino mutarsi, a lui incomprensibile, dei modi di vita degli esseri umani sulle sue rive, come un ordine imperiale di darsi la morte. Se l'è data: questa che guardiamo, e dove qualcuno ancora getta le reti, è la sua lenta, impressionante decomposizione. Un giorno, alla vista del Po, troveremo appropriati versi dolorosi e sublimi di Une charogne.
Olga Tokarczuk, Guida il tuo carro sulle ossa dei morti, ed. Bompiani, trad. Silvano De Fanti
In quel momento vidi uno stormo rapido e agile di Cesene. Sono uccelli che si vedono sempre solo in branco. Si muovono con agilità, come un grande organismo aereo traforato. Ho letto da qualche parte che, se un rapace li attaccasse, per esempio uno di quegli annoiati sparvieri che si cullano come spiriti santi nel cielo, si difenderebbero con ferocia.
[…]
Tesi l'orecchio come se mi aspettassi che da oltre quel muro potessero giungere grida spaventose, l’eco di ciò che prima succedeva là dentro. Ma era evidente che non c'era anima viva, né umana né animale. Con il trascorrere dell'estate tutto sarebbe stato ricoperto dalla bardana e dall'ortica. Dopo un anno o due la Fattoria sarebbe scomparsa nel verde e al massimo sarebbe diventata un luogo infestato dai fantasmi. Pensai che ci si poteva fare un museo. A monito perenne.
Mariana Enriquez, Quando parlavamo con i morti, caravan edizioni, trad. Simona Cossentino e Serena Magi
Forse per questo Julita impallidì e prese coraggio per dirci con quali morti voleva parlare lei.
Julita voleva parlare con sua mamma e suo papà. […]
Il fatto è che tutti sapevano che i genitori di Julita non erano morti in un incidente: i genitori di Julita erano spariti. Scomparsi. Erano desaparecidos. Noi non sapevamo bene come si diceva. Julita diceva che li avevano portati via, perché così raccontavano i suoi nonni. […] Julita voleva trovarli con la tavola, o chiedere a qualche altro spirito se li aveva visti. Oltre ad avere voglia di parlare con loro, voleva sapere dove erano i corpi, perché i suoi nonni stavano diventando matti con questa storia, la nonna piangeva tutti i giorni perché non avevo un posto dove portare un fiore.
Chiara Palazzolo, I bambini sono tornati, Piemme
A passi esitanti percorse nuovamente il corridoio e si affacciò guardinga alla porta del soggiorno… niente…. non c'era proprio nessuno in casa. Poi lo sentì, il risolino soffocato… si voltò di scatto, cercando di localizzarne la fonte… non correre, cammina piano, piano piano. Tornò nel corridoio, cercando di orientarsi. E udì distintamente la voce: «Muoviti con questo spazzolino puntini voglio lavarmeli pure io».
Shirley Jackson, Abbiamo sempre vissuto nel castello, Adlephi, trad. Monica Pareschi
Mi chiamo Mary Katherine Blackwood. Ho diciott'anni e abito con mia sorella Constance. Ho sempre pensato che con un pizzico di fortuna potevo nascere lupo mannaro, perché ho il medio e l'anulare della stessa lunghezza, ma mi sono dovuta accontentare. Detesto lavarmi, e i cani, e il rumore. Le mie passioni sono mia sorella Constance, Riccardo Cuor di Leone e l'Amanita phalloides, il fungo mortale. Gli altri membri della famiglia sono tutti morti.
Nicola Gardini, Lacuna: saggio sul non detto, ed. Einaudi
La lacuna, che è omissione evidente e autoannunciata, mira non alla diminuzione, ma allo sviluppo. La sottrazione chiama di necessità il completamento, il danno il restauro. Non c'è sistema - le narrazioni lo sono - che tolleri privazioni irrimediabili. Quel che si perde si deve recuperare, in letteratura come in fisica o in neurologia.
[…]
Il mondo è memoria, che lo si voglia o no; e, come tale, resistendo alla più perfida delle cancellazioni, non può che venirci incontro.
Mark Fisher, The weird and the eeire, minimum fax, trad. Vincenzo Perna
L'eeire è costituito da un fallimento di assenza o un fallimento di presenza. La sensazione di eeire si verifica quando c'è qualcosa dove non dovrebbe esserci niente, o quando non c'è niente dove invece dovrebbe esserci qualcosa. […] L’eerie riguarda l’ignoto: quando la conoscenza è raggiunta, l’eerie scompare. A questo punto bisogna sottolineare che non tutti i misteri generano l’eerie. È necessario che esista anche un senso di alterità, l’impressione che l’enigma potrebbe comprendere forme di conoscenza, soggettività e percezione che vanno al di là dell’esperienza comune.