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Luca Briasco racconta Chris Offutt

«Oggi, è opinione diffusa che New York sia la capitale letteraria degli Stati Uniti. Ma è davvero così? Che cosa può aspettarsi di trovare a New York, uno scrittore alle prime armi?»

Così scriveva Saul Bellow in un magnifico saggio sul futuro del romanzo.

A New York e dintorni sono confluiti, nel corso dei decenni, quasi tutti i maggiori scrittori americani, alimentando una narrativa elegante, metropolitana e liberal, che è stata esportata e imposta in tutto il mondo.

C’è però chi ha preferito rimanere testardamente rintanato nelle province dell’impero, convinto che le storie di reietti e perdenti potessero dirci tanto sull’America e sul suo destino.

Con Nelle terre di nessuno, raccolta di esordio di Chris Offutt cominciamo l’esplorazione di un’altra America: quella che stenta a sopravvivere, che tira avanti tra mille affanni, che dorme con una pistola sotto il cuscino.

Segherie abbandonate; vecchie baracche dove si gioca a poker e le partite rischiano di finire a colpi di pistola; bar fumosi in cui tutti gli avventori si conoscono, e molti coltivano antichi rancori. Figli senza padri, alla deriva; famiglie nelle quali nessuno lavora, ma che l’assistenza sociale sembra aver dimenticato.

Paesaggi di brutale bellezza, alcol e fucili, rabbia e rassegnazione. E ad aleggiare su tutto, l’amore lancinante e doloroso per una terra da cui si parte – ma quasi sempre per farvi ritorno e rimanere – e una testarda, assurda, commovente speranza di riscatto.

Con Nelle terre di nessuno, la grande tradizione del racconto americano si arricchisce di un nuovo, potente capitolo.

Le storie di Offutt, dure ma cariche di emozione, ci guidano in un Kentucky solo apparentemente marginale, e sanno narrarci con profonda empatia la sublime desolazione, il culto della violenza e la fame d’amore che si nascondono nell’America più ignota e dimenticata; in quei paesi che, come scriveva Mark Strand, nessuno visita mai.

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