Federica Aceto intervista Kerry Hudson
È in libreria e in eBook Tutti gli uomini di mia madre di Kerry Hudson, un romanzo agrodolce sul rapporto madre-figlia. Ve lo presentiamo con una conversazione tra la traduttrice Federica Aceto e l'autrice.
di Federica Aceto
Tutti gli uomini di mia madre era stato concepito inizialmente come una raccolta di racconti. Com’è poi diventato un romanzo?
Avevo cominciato a scrivere dei racconti perché – è assurdo, lo so – pensavo che la forma breve potesse essere più facile per uno scrittore alle prime armi. Dopo che il mio primo racconto ha vinto un premio, un’agente mi ha chiesto di mandarle del materiale. Io le ho spedito sette racconti dicendole che stavo “pensando di utilizzarli come base per un romanzo”; ho detto così perché pensavo che fosse quello che un agente letterario vuole sentirsi dire. Lei mi ha risposto che un volta finito le sarebbe piaciuto vedere quel romanzo, e così sono partita per il Vietnam, dove sono rimasta sei mesi a scrivere Tutti gli uomini di mia madre.
Dico spesso che scrivere un romanzo, dopo aver cercato di costringermi nella dimensione del racconto, è stato come riuscire a trovare finalmente le scarpe del mio numero. Sono stata molto fortunata ad avere l’incoraggiamento di quell’agente letterario, che mi segue ormai da sette anni.
Per scrivere questo libro ti sei ispirata a tue esperienze personali. È stato doloroso? Divertente? Liberatorio?
È stato assolutamente liberatorio. Prendere ricordi spesso difficili, ma spesso anche gioiosi, e riorganizzarli, farli entrare in una pagina è stata una delle cose più belle che io abbia mai fatto. Ricordo quel periodo che ho trascorso in Vietnam nella più totale solitudine a fare qualcosa che avevo sempre voluto fare come uno dei più felici della mia vita. È un libro profondamente personale e penso che sia per questo che la reazione dei lettori spesso è stata molto viscerale.
Il titolo originale del libro – Tony Hogan Bought Me an Ice-Cream Float Before He stole My Ma –sembra un po’ quello di una canzone country. Il titolo italiano ha implicazioni leggermente diverse e un impatto differente sul lettore; ma è vero anche che una traduzione letterale non avrebbe mai avuto l’effetto originale. Qual è il tuo rapporto con i traduttori, e temi mai che qualcosa (la lingua e la scozzesità dei personaggi, in questo caso) possa andare persa per sempre nella trasposizione in un’altra lingua?
Non sono ipersensibile riguardo la mia scrittura. Mi piace l’atto dello scrivere, e sono enormemente grata alle persone che leggono il mio lavoro, ma una volta pubblicato io considero finito il mio lavoro. Ho avuto la fortuna di nutrire una vera fiducia nei confronti dei miei traduttori e credo che siano stati tutti molto bravi. Ma comunque, anche se così non fosse, come nel caso di reazioni di singoli lettori, recensioni sui giornali, o qualunque forma di adattamento, chi scrive deve accettare di rinunciare al diritto di tenere troppo stretto a sé il frutto del proprio lavoro.
Mi sembra di capire che viaggi tantissimo. Essere in posto diversi ti aiuta a scrivere e se sì in che modo?
In Tutti gli uomini di mia madre vediamo la famiglia di Janie Ryan che si sposta per tutto il Regno Unito da nord a sud e io ho ereditato il mio spirito vagabondo da un’infanzia simile. I posti nuovi mi rendono più consapevole di piccoli dettagli, più curiosa, mi portano a parlare con persone sconosciute e ad ascoltare le loro storie. Alcuni scrittori hanno bisogno di lavorare in un posto ben preciso, della loro routine, della familiarità. Io ho il costante bisogno di nuovi stimoli.
In quali parti del mondo è avvenuto il concepimento, la gestazione e la nascita di Tutti gli uomini di mia madre?
Come dicevo, mentre stavo scrivendo Tutti gli uomini di mia madre sono partita per il Vietnam. Mi capitava di rado di parlare con altri esseri umani. Ma andavo spesso a nuotare in una piscina comunista per gli operai su un tetto di Saigon, giravo in bici per le strade di Hanoi, ho mangiato un sacco di Bún ch? e ho scritto la storia che aspettavo di scrivere e di capire da più di dieci anni. Sono stata molto fortunata a poter approfittare di quel periodo, mi ha cambiato la vita.